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lunedì 1 agosto 2011

Non lasciarmi - Kazuo Ishiguro

Ho pubblicato sulla mia libreria di Anobii
questa recensione:

Ho acquistato questo libro inconsapevolmente, senza nemmeno leggere il risguardo di copertina, ma fiduciosa sulla bontà della scrittura avendo già letto "Quel che resta del giorno".

Non sono stata delusa. Il romanzo è scritto in forma di diario dal punto di vista di Kathy. Racconta, fra molti salti temporali la vita di tre ragazzi: Kathy, Ruth e Tommy.
La trama è piuttosto semplice ma affronta un tema di grande attualità.
Questi tre ragazzi vivono, insieme a molti altri, in una specie di casa famiglia/orfanotrofio ad Hailsham in Gran Bretagna. Vengono cresciuti con molto impegno, seguiti in particolare nell'aspetto artistico e curati dal punto di vista fisico con pedissequità.
Sembra che tutto questo non possa che portare ad uno sviluppo sereno e armonico. Invece tra i ragazzi dell'istituto grava sempre una nube scura che riguarda il futuro. Tra voci di corridoio, strani dialoghi tra insegnanti ed educatori Kathy capisce che molte sono le cose che non vengono dette loro.
Tutti i ragazzi sanno che avranno un compito importante da donatori. Ma donatori di cosa?

In una spirale discendente tra ricordi del passato e una vita grigia presente scopriamo che l'"alto compito" a cui sono chiamati questi ragazzi è quello di essere involucri per la produzione di organi. Nati da clonazione, chi produce questi esseri si arroga il diritto di ritenerli semplicemente corpi senza anima, senza sentimenti e quindi non umani.

Il ragionamento che l'autore lascia solo trasparire è che se possiamo usare valvole cardiache suine e bovine, cuori, reni e fegati di altri animali, se possiamo da cellule staminali riprodurre organi quali pelle, trachee ecc. perché la società dovrebbe scandalizzarsi nell'utilizzare gli organi di questi giovani che in fondo, non essendo nati da un atto fisico tra due persone, non sono altro che pezzi di ricambio?

Ishiguro affronta un tema scottante con una levità impensabile e lascia completamente al lettore il compito di stabilire se quanto viene fatto sia giusto o sbagliato.

Il tema di questo romanzo era già stato trattato qualche tempo fa in un romanzo, molto più crudo e drammatico: "Ricambi" di Michael Marshall Smith. In quel caso il giudizio era netto. Probabilmente perché gli "esseri" di quel romanzo erano allevati come polli in batteria, totalmente negletti, inconsapevoli di loro stessi.

Mentre qui le fondatrici dell'istituto in qualche modo si battono con la società per dimostrare che i "ricambi" sono persone, con la loro anima, con i loro sentimenti e con il bisogno di amore insito in tutti gli esseri umani.
Nell'uno e nell'altro caso credo che il lettore non possa che considerare con amarezza un sistema sociale che si autoproclama creatore della vita.

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